Tutti ricordano parte di ciò che eri. Nessuno sa, però, il 100% di ciò che eri.
Frammenti di realtà sconnessi, reiterati. Tu che vivi al limite tra ciò che il videogioco ti dà e ciò che la vita ti darebbe se solo tendessi la mano. Tu che di videogiochi ne respiri anche l’essenza. Ti basta solo mettere le mani su un controller e il ventaglio di possibilità ti si apre davanti. Così sicuro di ogni tua azione che decidi di rompere gli schemi, di frammentare il codice perché tanto non sarà mai potente quanto te.
Genio dei pixel e ameba fuori, quando lo schermo è spento. Nella vita di tutti i giorni sei un frammento di ciò che potresti essere. Le energie che si disperdono quando ti avvicini al successo. La comodità di rimanere in quella tristezza che conosci bene. Achievement concreti e non trofei di platino fasulli, che non raggiungi perché troppo ancorato a quelle radici scure che ti portano giù nel baratro. Ed è così che smetti di giocare. Ed è così che smetti di sognare.
Frammenti ancorati a quell’unico snodo centrale che ti fa sentire protetto e in forze ogni volta che ci torni. Una Majula della vita che ti si apre in tutto il suo splendore una volta usciti dalla grotta buia. Sentirsi a casa. Ti manca sentirti a casa. Vagabondo nella tua stessa camera che ha solo il tuo odore. Solitario dietro lo schermo. Frammenti di emozioni che distribuisci a chi ti circonda, non accorgendoti di quanti te ne arrivino come risposta. Soddisfazione che provi solo quando fai una combo perfetta, convinto che quello sia il dialogo giusto. Coraggio che non hai quando ti sciogli sotto la doccia pensando a quanti errori hai fatto nella vita e a quanto vorresti un quick save per tornare indietro.
Se solo non fossi così stupido, ti accorgeresti che sono proprio gli errori a tenerti unito.
Frammenti di realtà che ti hanno portato ad essere quello che sei. Paure, non paure. Sicurezze, non sicurezze. Se fossi diverso non saresti quel pezzo del puzzle che completa la vita degli altri. Se continui a farti paranoie probabilmente saranno gli altri ad andarsene. Perché in un videogioco sai perfettamente quali mosse fare per rimanere legato a chi tieni, nella vita vera ti devi solo fidare. Il buio non piace a nessuno e tu sei luce solo quando gli occhiali riflettono i colori psichedelici del rythm game di turno. Finita la sessione crolli sul letto con gli ormoni a palla come morfina e nessuna forza per segarti.
Equilibrio. Devi trovare equilibrio nei frammenti di realtà di cui sei composto. Equilibrio che puoi ottenere solo accettando che non ci sono altre partite, che il tuo binomio videoludico è solo l’illusione di un avvocato che deve guadagnare tempo per evitare che l’amore che l’aspetta non muoia. I videogiochi sono lì, non scappano. Tu hai bisogno di loro e loro di te, ma devono essere un DLC, non l’engine. Se così non fosse (e tale è ora la tua vita) basterebbe un errore di sistema e tutto crollerebbe a (Windows) Vista.
Se solo ti accorgessi che tu vali, non avresti bisogno di frammentare la tua anima.
Se solo decidessi di prendere in mano la vita come il gamepad che ora stringi al petto.
Se solo…