Puoi essere la protagonista femminile dell’ultimo giochino di grido eletta a placeholder per tutte le donne della storia da un’azienda che poi non vuole parlare di aborto o un tizio famoso perché vendeva Nintendo negli anni ’90 e adesso pensa che anche di lunedì sera sia sabato sera, ma alle spalle avrai gli stessi ipocriti padroni.
È il solito washing di gente con i soldi che cerca di nascondere la sua faccia da culo dietro il verde, il rosa, l’arcobaleno smarmellato nei loghi per il Pride Month. Ci hanno addestrato a chiamarlo politicamente corretto in modo da farci scannare uno con l’altro, perché alla fin fine se c’è una cosa che i poveri sanno fare alla grande è la guerra tra di loro.
Il risultato è che mentre noi ci urliamo in faccia quanto non si possa più dire niente penne sottopagate riportano le parole di Alessandro Borghese sui giovani che non hanno voglia di lavorare.
Sviluppatori sull’orlo dell’esaurimento devono decidere se piegarsi al sistema per un altro turno di 12 ore o mollare senza poter mettere il loro ultimo videogioco nel curriculum.
Ci prendiamo a porchi e madonne discutendo l’identità di genere della tipa furry di Ratchet & Clank mentre due tweet più in là Elon Musk gioca a fare Dio sulla nostra pelle.
Da Beach Party a Biatch Party è questione di due lettere. Ci siamo (s)venduti senza nemmeno prendere quei cazzo di soldi per noi.
E allora non ci resta che sposare una causa e poi intingere il cazzo nel suo opposto.