Mangiare in-game è sempre poco credibile. Piatti di un finto che manco McDonald’s, animazioni posticce e un sound design tirato veramente a caso. Manca la verosimiglianza, manca proprio il gusto dell’esperienza culinaria che è il fulcro del sedersi a tavola. Non pretendo di sentire i sapori, ma che ci sia un senso in quello che faccio, beh, quello sì.
In The Witcher 3 recuperi la salute ma ti si annebbia la vista. In Yakuza diventi più forte, ma fai molta più fatica a camminare e a controllare il personaggio. E soprattutto la caratterizzazione dei personaggi passa da qui, dalle serate nei locali di Kamurochō a trincare come dei disperati. È quella convivialità che al cibo nei videogiochi manca: l’alcool è più cool, più videoludicamente accettabile da chi sta davanti allo schermo. Più facile da tradurre in meccaniche di gioco e più credibile di un piatto di pollo con le patatine raccolto in Tekken Force per ricaricare la salute.
Va bene Overcooked, va bene Cooking Mama, ma finché la rappresentazione media del cibo nei videogiochi saranno il sushi finto e completamente opzionale di Cyberpunk 2077 o i meme sulla pizza con l’ananas, ai videogiochi mancherà sempre una grossa fetta di quello che rende bella la vita.