In questa puntata di Gameromancer:
Dopo aver parlato di anni ’80 e ’90, non si poteva fare a meno di dedicare 60 minuti (scarsi) di podcast anche agli anni zero, quegli anni 2000 attraversati dalle due generazioni videoludiche che hanno portato i videogiochi alla loro “forma finale”. In realtà poi – tra un’allusione e l’altra – la puntata 13 di Gameromancer infila un po’ di tutto, da un rapido pronostico sul Game of the Year 2017 fino ad un’accesa discussione sul tema Nintendo. Riuscendo tra l’altro a spiegare perché Nintendo ha bisogno di Super Mario mentre le altre due case sul mercato no.
La formazione per la messa in onda – per quanto in differita – include il solito Pietro Iacullo, nelle vesti di conduttore e “voce narrante” (ma anche nei panni un po’ troppo larghi del pompiere), supportato da un Guido Avitabile
questa volta pulito nella sua traccia audio ma non per questo pronto a
tirare indietro la gamba quando bisogna intervenire. Non poteva mancare
l’onnipresente Filippo Veschi, questa volta in
compagnia di qualche scheletro nell’armadio e protagonista di un momento
in puro stile Terminator, mentre poteva assolutamente mancare Luca
Mazzocco – e infatti lo fa, lasciando ancora una volta il posto
all’habitué Gaetano Lombardo, nelle vesti di
procacciatore di ospiti e uccello del malaugurio nei confronti del
webmaster più contestato nella storia dell’editoria online. L’ospite che
questa volta finisce sotto lo schiaffo di Gameromancer è Emanuele “Nerdocracy” Gregori, direttamente dall’omologo romanzo di Phil Norimberga omonimo canale Twitch,
subito a suo agio in mezzo a questa banda di scappati di casa che
tiranneggia l’etere da tredici puntate (più bonus) e spietato – e ci
piace così – nell’esprimere i suoi giudizi sui vari temi toccati. In
cabina di regia, visto che l’erba cattiva non muore mai, troviamo di
nuovo Antonino Lupo, eminenza grigia – anche se molto probabilmente
Guido sceglierebbe un altro colore – che però quando c’è bisogno riesce a
farsi sentire, salvo poi combinare disastri in post-produzione e
sfogare l’odio represso nei confronti di I Love Videogames negli
immancabili e acutissimi blooper.