Manco quando arrivano in fase gold, manco quando l’esperienza nominalmente è single player. La patch del day one aggiunge tutto quello che non si è riuscito a mettere su disco prima di doverlo masterizzare e spedire e quelle successive cambiano tutto, tipo Elden Ring che ha aggiunto i segnalini degli NPC e cambiato completamente il bilanciamento.
Questo vuol dire che i videogiochi sono sempre più esperienze temporali, perfomance legate al quando decidi di giocare qualcosa più che al dove e al come. Non è una novità, eh, chiaro. Se metti su Overwatch oggi i server non ci sono più e puoi giocare al massimo al 2, mentre i server di che cazzo ne so, Destruction AllStars (quel coso che non ci siamo cacati manco gratis su PlayStation Plus) sono deserti.
La cosa stronza è che non ci possiamo fare un gran cazzo, perché è un processo iniziato ormai due generazioni fa e siamo sempre stati troppo occupati a cacarci l’aspetto industriale del medium. I videogiochi sono arte solo quando dobbiamo spiegare a nostro padre com’è che ci perdiamo tempo, per il resto è roba da comprare e consumare e spesso pure nascondere, manco li comprassimo dallo spaccino in stazione.
A botte di sticazzi della preservazione, del fatto che sostanzialmente paghiamo una licenza e non il prodotto finito, le aziende adesso fanno un po’ come je pare. Tanto pure i termini del servizio sono dietro paywall.