8 pianeti, una manciata di personaggi, una galassia misurabile in chilometri, altro che anni luce. Basta così poco per sentirti infinitamente piccolo, infinitamente inutile. Non puoi fare nulla per impedire a Vuoto Fragile di andare in pezzi, puoi solo aspettare che succeda. Magari approfittarne per evitare di umiliare una produzione così significativa schiantandosi contro un platforming orripilante.
Outer Wilds è riuscito a farmi sentire con soli 8 giga di spazio occupato sul disco rigido.
L’universo tutto va avanti per i cazzi suoi in Outer Wilds, ha i suoi ritmi, le sue leggi, le sue ineluttabilità. Esiste a prescindere da quello che facciamo e da dove siamo e si ripete con una precisione perfetta. Galileo Galilei avrebbe adorato Outer Wilds, la possibilità di applicare il suo metodo scientifico a qualcosa di misurabile anche dall’altra parte dello schermo. Outer Wilds è e continua ad essere ogni 22 minuti.
Giocaci, soprattutto se sei tra quelli che stanno aspettando Starfield.
Giocaci anche se lo spazio profondo ti inquieta, se le profondità di Profondo Gigantesco ti portano alle soglie degli attacchi d’ansia. Poi passa. Tutto si ripete. Tutto si misura. Tutto ricomincia.