SegheMentali ANESTESIA VIDEOLUDICA

“Mediante un’anestesia indotta per via medicamentosa o mediale, la società si rende immune alla critica. Anche i social media e i videogiochi fungono da anestetici. L’anestesia permanente della società impedisce la scoperta e la riflessione…” 

Byung-Chul Han

Questo piccolo passaggio, proprio all’inizio di uno degli ultimi saggi di Byung-Chul Han, mi ha fatto parecchio sorridere. Finito però quel breve momento, come spesso mi capita, ho cominciato ad interrogarmi sul significato di quelle parole, cercando si scorgere il significato che l’autore voleva attribuire loro. Agli occhi di un grande cultore dei videogames, ma anche ad un semplice appassionato, l’accostamento videogioco-anestetico potrebbe sembrare veramente un ossimoro: “I videogiochi sono tutto fuorché soporiferi!” – “Anestesia? Io mi sento vivo solo quando gioco!” potrebbero essere classici esempi di reazioni a questa idea.

Bisogna ammettere però che nella visione del filosofo sudcoreano, sicuramente non esperto in campo videoludico, quella affermazione è funzionale alla sua descrizione di una tendenza presente nella società, ossia l’algofobia, la paura generalizzata del dolore che porta a una sua rimozione forzata da ogni ambito di vita, personale e sociale.

Seppur questa tendenza non riassuma tutta la complessità della società occidentale nella quale viviamo, non posso dargli torto.

Come non pensare alla classica immagine del ragazzino che usa i videogiochi come “rifugio”, per estraniarsi e non sentire le sollecitazioni del mondo esterno e quindi non confrontarsi anche con il dolore. O come non considerare così la nostra passione più grande, se condotta con maniacalità bulimica che divora un titolo dopo l’altro, con costante iperattività, alla continua ricerca del godimento che non è mai vero appagamento ed accompagnata ad una cultura dell’hype e del sensazionalismo che rilancia costantemente in noi la domanda di altri prodotti. In un circolo vizioso che si autoalimenta e accorcia il suo percorso ad ogni rotazione.

Un circolo vizioso che appunto ci rinchiude in una zona di positività, di apparente comfort, ma che ci anestetizza nei confronti delle emozioni più “scomode”, più disturbanti e difficili da gestire, e di conseguenza rendendoci meno sensibili. Fortunatamente la realtà è molto più complessa di così, e posso dire con onestà che il mondo videoludico, soprattutto negli ultimi anni, ha conosciuto un’evoluzione straordinaria, sia per le tematiche sociali trattate in alcune opere, sia per come ha saputo parlare tramite diversi livelli di linguaggio cercando di veicolare messaggi che andassero a toccare l’intimità del giocatore.

Per questo non posso che essere in disaccordo, almeno parzialmente, con l’affermazione che i videogiochi siano anestetici.

Sono invece esperienze di altri mondi, altre storie, esperienza dell’altro rispetto a noi, che spesso riescono a rappresentare, talvolta meglio della realtà in cui siamo immersi, ciò di cui ancora non ci accorgiamo.  Riescono a farci comprendere meglio ciò che stiamo provando, che sia il dolore di un lutto o quella sensazione di essere sempre fuori posto. Provano ad insegnarci l’empatia verso persone differenti da noi, tentando di scardinare convinzioni e pregiudizi che ancora fanno parte della nostra cultura. A loro modo fanno anche critica sociale, cercando di evidenziare tutte le storture di una società che spesso si fonda su pilastri effimeri, sempre più destrutturata e privatizzata, e di risvegliare le coscienze (cuori?) per innescare un cambiamento che non può che partire dai più giovani.

Certo, per saper “leggere” tutti questi significati, più o meno velati, ed avere una visione complessiva delle opere con cui ci confrontiamo servono sicuramente gli strumenti per farlo, che si acquisiscono nel tempo sia con una maggiore consapevolezza di sé, sia anche attraverso la lettura e le informazioni che il web offre.

C’è da sperare che la critica di settore riesca a maturare essa stessa questa consapevolezza… 

Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?