Ma che fine hanno fatto le sale giochi? Perché cazzo, è triste sapere che non saremo mai quelli che sperperano tutta la pensione davanti a quelle maledette macchinette. Ci stavo pensando l’altra sera giocando a Trials Rising. Non perché non arriveremo mai a vederla, una pensione – cioè si, non ci arriveremo mai. La generazione dei nostri padri si è mangiata tutto e noi siamo rimasti a titillarci il joystick in mano (colto il doppio senso?). Ma non volete sentirvelo dire anche in un sito di giochini –, ma perché non ce ne potrebbe fregare di meno di quelle maledette macchinette. A noi piacevano Metal Slug, Puzzle Bubble, Time Crisis… Le sale giochi, alla fine. I cazzo di Astro City powered by SEGA. Che cazzo ce ne frega, a noi, del videopoker? Leggi “sala giochi” per strada e sai che gli adulti intendono quello. Un modo raffinato per scrivere “gioco d’azzardo legalizzato” su un’insegna luminosa, perché le parole sono il Cerbero dell’inferno del significato e un mostro a tre teste che si chiama “gioco” a chi può far mai paura?
Ci hanno rubato le Sale Giochi. Questo, mi fa incazzare.
Non perché abbia davvero nostalgia delle sale giochi. Del dover buttare quei pochi soldi su cui riuscivo a mettere le mani da bambino 200 lire alla volta. Molto più pratico farsi fottere in un’unica soluzione, come adesso. Ma perché erano il nostro passato, in un’industria che non ha ancora capito che quello della preservazione è un tema fondamentale su cui sono rimasti al palo. Molto più dei media letterati e socialmente accettabili. Possiamo leggere easy parole scritte nel 1300 e facciamo fatica a giocare roba uscita su Windows 95, è normale? E infatti nessuno ha fatto qualcosa, per impedire che ci rubassero le sale giochi. Poco importa che per noi vuol dire Metal Slug, per loro adesso sono il Videopoker.
Dici almeno all’interno non siamo stati così stronzi. Ci siamo tutelati. Il mercato indie ci ha salvati tutti, escono ancora cose da sala giochi, no? No. Perché ad un certo punto – di nostra iniziativa, cazzo! – abbiamo deciso che “arcade” di punto in bianco voleva dire un’altra cosa. Fino all’altro ieri erano i giochini a gettone che ci hanno impedito di comprarci le sigarette perché ci mangiavamo li tutta la paghetta, oggi è il contrario di simulazione. Così, a caso. Nonostante in sala giochi ci fosse molta più simulazione di quella che abbiamo a casa, perché le periferiche dovevano giustificare i loro costi immani e quindi via di motociclette finte, volanti, addirittura cabinati che si piegano quando smanacciamo la pulsantiera. Però si chissene, ci serve un termine che sia il contrario di simulazione. Scriviamoci “arcade”, cazzo cambia?
Il videogioco è la possibilità di interagire con un’idea, un sogno, un colpo di genio. Finchè non ci dimentichiamo di quell’idea, di quel sogno, e smantelliamo tutto. Finché non decidiamo che deve essere tutto 2.0, storytelling, emozionale, e tanti saluti al punteggio, alle classifiche, al celodurismo che solo chi è è stato svezzato a gettoni in locali pieni di fumo, alcool e cabinati può capire. Ma come succede spesso, i giochini sono migliori di noi. Ci salvano, anche se noi non li abbiamo salvati. Perché i pixel non portano rancore, lo spazio in memoria basta giusto per quei 16 colori.
Grazie, Trials Rising. Grazie, per essere meglio di noi. Per ricordarci cosa voleva dire arcade una volta, per ricordarci i concetti di classifica, punteggio e anche di difficile. Di Arcade, senza che arcade diventi il contrario di simulazione, perché la fisica che c’è in Trials Rising – la precisione che ti richiede un gioco tipo Trials Rising – tanti decantatissimi simulatori se la possono giusto sognare.
Grazie, per avermi fatto riflettere. Non ci avevo mai pensato, agli adulti che ci stanno rubando il passato dopo averci rubato anche il futuro. Che la brutta fine che hanno fatto le sale giochi non doveva permettere a loro di trasformarle in un coacervo di slot machine.