Seconda premessa: è un flusso di coscienza/sfogo che ho voluto girare a questo brutto portale perché avevo bisogno di urlare in un posto che me lo lasciasse fare e, magari, aiutare qualcun* nella mia posizione a sentirsi meno sol*.
Non so nemmeno se verrà pubblicato ma tant’è, se lo stai leggendo eccoci qui.

Insomma: il finale di Maelle mi ha fatto sentire tanto rappresentata.
Che forse è un modo di iniziare il discorso davvero strano, me ne rendo conto, però è da qui che parte il pensiero.
Io mi sono sentita tanto, tantissimo, forse troppo, in sintonia con la figlia prodiga Alicia Dessendre, con i suoi pensieri le sue riflessioni e desideri.
Solo chi ha sofferto tanto e vede nei nuovi giorni ansie, preoccupazioni e sofferenza può preferire un sogno alla realtà, un sogno effimero ma più vero e più vivo della vita di tutti i giorni, che magari regala ben altre sciagure e vite vuote.
Non ho il viso sfigurato e nemmeno ho vissuto un lutto così importante, no, ma questi confronti lasciano il tempo che trovano e tante piccole cose possono creare comunque grandi pesi a loro modo: i genitori a cui ho dovuto fare parenting solo perché inadatti alla vita adulta, i continui conflitti con gli stessi, il sentirsi inadeguata/non abbastanza e a corredo di tutto il non riuscire a esprimersi come si vorrebbe e la disforia di genere, con tutta la continua sensazione che ti abbiano rubato qualcosa di tuo di diritto, di aver paura e stress nel solo esistere perché la tua esistenza viene politicizzata e vista come diversa.
Poi sarà da piangina sensibile di sinistra, ma appunto anche la politica sempre più ostile, le guerre e la situazione climatica… vivere è sempre più pesante e difficile, come se già di base affrontare se stesse come persone e le pressioni della società fosse facile.

Esattamente non capisco perché dovrei preferire “une vie a souffrir“, a una realtà/finzione (chiamatela come volete) parallela come quella del quadro di Expedition: una vita piena di cose per essere vissuta, con anche la minaccia di Nevron e Pittrice/Renoir sconfitta, con il potere di plasmare quel mondo a proprio piacimento, perché diamine dovrei dire di no? Per la morale? Ma davvero vivere così male perde contro la “banale” morale? Non riesco (più) a crederlo.
Io penso che chi non riesce quantomeno a comprendere la sua scelta sia una persona insensibile, specialmente se “ma no quello di Maelle è il bad ending” no, è quello in cui decide come proseguire per quello che desidera senza che sia la vita a infilarla in situazioni o scelte “giuste”.
Vero che sicuramente ha vibe distopiche, storte, è quello moralmente grigio se non nero, ma volevano palesemente puntare i riflettori su quanto Maelle ha sofferto e quanto quella disperazione la avesse consumata, non farla risultare una “bambinella viziata” come alcuni noti influencer ci hanno scherzato su, non provando nemmeno a fare lo sforzo di comprenderla perché troppo lontana dal loro privilegio, dal loro benestare, dalle loro emozioni da maschi bianchi cishet.

A me piacerebbe che la società facesse un passo oltre il capire “quello che è moralmente/eticamente giusto” ma capisse PERCHÉ le persone arrivano al punto di desiderare di vivere in una distopia “finta” o, più concretamente nel mondo reale, farla finita, che se ci pensate hanno solo una “i” di differenza a separarle.
Io spero solo che il mondo prima o poi, soprattutto parlando di chi è a destra, chi pensa solo a conquistare/ottenere e avere ragione o banalmente chi pesa tutto col suo metro, riesca ad accettare ed ascoltare le Maelle del nostro tempo, io e molte altre persone siamo davvero stanche, disilluse e anche magari spaventate dal provare a fare qualcosa di più grande del proprio piccolo, perché il mondo è troppo ostile.

Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?