La mia compagnia di amicizie era prettamente femminile, tutte sapevano cucinare, e saperlo fare anch’io mi sembrava normale. Poi piano piano loro si sono fidanzate, e i nuovi arrivati erano buoni, forse, a farsi una piadina o a scegliere bene in gastronomia. Per noi è sempre stato motivo di scherzo – al punto che, quando eravamo tuttƏ single, San Valentino lo passavamo da me a mangiare le mie lasagne al ragù. Ora nel 2026 mi sposo, e la mia signora l’ho conquistata con la cucina.
“Ma come hai iniziato, a cucinare?” Me lo chiedono spesso, ma io non sono di quelli che prestano attenzione al continuum temporale. Quando inizio a fare qualcosa c’è sempre un motivo, ma non è un motivo che mi porto dietro, o comunque me lo dimentico facilmente. Non per tutto: ricordo di aver iniziato a fare regolarmente colazione quando mi sono trasferito a Bologna per l’università pensando che “se svengo perché non ho fatto colazione lì non conosco nessuno, chi mi raccoglie?” che ovviamente era una minchiata, ma tant’è. Adesso senza colazione non so stare. Con la cucina, invece, non avevo un ricordo chiaro: “ho solo iniziato, credo, per sopravvivere lontano da casa“.
Del resto non sono sempre stato capace. Fino a che non me ne sono andato di casa sapevo fare le uova in padella e il sugo di pomodoro, fine. Una volta 18enne trasferito a Bologna, c’era la mensa universitaria buonissima ed economica, quindi a che serviva saper cucinare? E al massimo si comprava il sugo pronto, almeno bollire la pasta lo sapevo fare. A Cagliari, fino ai 22 anni, cucinavo il risotto allo zafferano una volta alla settimana, la mia specialità, ma per il resto era tanto se grigliavo la fettina di vitello. Fastforward e sono 33enne, la signora l’ho conquistata con una settimana di gamberi al vino, ragù alla bolognese, pasta alla carlofortina e quant’altro. Non so cosa sia successo, in mezzo.
Come sono passato da cerca di non scuocere la pasta a oggi preparo la panna cotta al basilico?
Oggi sfogliavo il mio quaderno di ricette e il ricordo è tornato, come un flash. Mi sono ricordato di colei che mi ha reso una persona adulta.
Appena trasferito a Torino, 23 anni. Prima esperienza in un monolocale da solo, quindi l’amico bravo che fa il pranzo non c’è più. Le mense universitarie sono lontane, troppo scomodo, e troppo caro comprare sempre qualcosa di pronto.
Ma è anche l’epoca Nintendo DS. Con le flashcard, ovviamente, altrimenti non l’avrei mai comprato quel gioco da ragazzine di 10 anni. Ma un po’ di giochi scaricati a caso si hanno sempre e “ma sì dai, proviamo questo che l’ho visto in TV”.
Il gioco in sé lo ricordo solo come un ripetitivo schiacciare col pennino sullo schermo resistivo per “seguire la preparazione”, un approccio un po’ freddino, forse anche annoiato. Poi la rivelazione: c’è il ricettario. E ci sono le stelline con la difficoltà. E questo fine settimana viene a pranzo quella tipa che ti piace che hai incontrato a un raduno di potterheads* qualche anno fa. Magari…
*sì, è un passato del quale non vado fiero
Non ho più ripensato a quel pomeriggio di 13 anni fa fino a ora, e subito ho sentito di dover scrivere sto pezzo. Per gridare che, sì. nel mio cuore videoludico ci sono To The Moon, Final Fantasy VII, Persona 5.
Questo articolo è frutto dell'iniziativa Crowdsourcing sovversivo di Gameromancer. Che è 'sta cosa?