Il momento in cui un uomo si interroga sul significato e sul valore della vita, egli è malato, dato che oggettivamente non esiste nessuna delle due cose; col porre questa domanda uno sta semplicemente ammettendo di avere una riserva di libido insoddisfatta provocata da qualcos’altro, una specie di fermentazione che ha condotto alla tristezza e alla depressione.
Sigmund Freud
Dura un cazzo Freud’s Bone, veramente un cazzo. Lo accendi, ti dimentichi del tempo e delle altre mille cose che devi fare e ti spari 5 ore in 5 atti tutte di fila. Tutte insieme perché vuoi sapere come va a finire quell’intreccio tra la vita dei pazienti e il segreto che il padre della psicanalisi si porta dietro. Tutte insieme perché è talmente tanto ricco di informazioni, troppe informazioni, che non vuoi dimenticarne nessuna.
“Non vi è motivo di complicare ciò che è semplice”. “Less is more”. “La pluralità è nella semplicità”. Scegliete pure la vostra definizione del Rasoio di Occam, ciò che è importante è il concetto dietro: se devi scegliere una strada, quella più semplice è la migliore. Questa regola generale possiamo dilatarla e applicarla a tutto lo scibile umano. Scrivere, ad esempio, non significa mettere giù parole su parole, ma lasciar andare la testa e poi eliminare ciò che non serve. Lo stesso vale per i videogiochi: vorresti mettere tutte le tue idee dentro un videogioco; ciò che lo renderà unico, però, è il poco che hai lasciato.
Freud’s Bones nella sua forma più semplice è perfetto: un’avventura grafica investigativa che ti porta a distruggere o salvare i pazienti dello psicanalista e a distruggere o salvare la sua psiche. Una ricerca qui, un dialogo lì, uno studio di qua e le due strade parallele si intrecciano alla perfezione. Freud diventa i suoi pazienti e i suoi pazienti diventano Freud. Il peso del suo cuore è alleggerito da chi è riuscito a salvare, ma per aiutare gli altri lui si avvelena sempre di più.
E in fondo Freud è solo un pretesto. Per quanto Freud’s Bone sia una ricostruzione videoludica ispirata a “A Dangerous Method” di Cronenberg, io non riesco a non vederci un racconto umano e personale. Fortuna Imperatore, l’autrice, è costretta in quelle mura sociali che qualcun altro ha creato per lei. Lei è “quella che mentre puliva i cessi faceva un gioco su Freud”.
Freud è costretto in quelle mura sociali che qualcun altro ha creato per lui. Lui è “l’ebreo pervertito che si scopa le pazienti dell’alta borghesia riempiendole di frottole e promettendogli una cura”. La loro storia è la stessa storia. E’ un intreccio. Entrambi vorrebbero uscire da quel personaggio, entrambi non possono più uscire dal quel personaggio.
Qui ritorna il Rasoio di Occam. Il dover scegliere cosa tenere e cosa scartare. Asciugare la propria vita e il videogioco. Freud’s Bones ha il grande difetto di avere troppa roba inutile. Meccaniche che danno colore, ma che finiscono per distrarti dal focus dell’opera e diventano solo tediose. No, non sto pensando alla marea di libri e testi presenti: per quanto odi i codec nei videogiochi, in questo caso non sono informazioni superflue messe lì per allungare il brodo, ma strumenti necessari a farti capire la forma mentis di Freud e aiutarlo nel suo percorso.
Ciò che è veramente superfluo in Freud’s Bones è la gestione monetaria. Sei lì con il pannello che ti dice le spese giornaliere per i libri, i soldi ricevuti dai pazienti, i soldi arrabbattati dai gonzi aristocratici… poi finisce il gioco e tutti quei soldi sono serviti ad un cazzo di nulla. C’ho comprato i sigari? Daje. C’ho comprato la cocaina? Daje. Per il resto zero. Fanno colore, senza dubbio, ma ti fanno perdere il focus sull’obiettivo. Sei lì in bilico a cercare di capire quali implicazioni avrà l’andare in bancarotta, magari i pazienti non verranno più, tu non scoprirai mai il segreto… No, in bancarotta non ci puoi andare. Forse solo se compri tutte le tipologie di sigari più volte, mossa inutile visto che al contrario della cocaina servono anche loro solo a dare colore.
Il Rasoio di Occam, appunto. Fortuna Imperatore ha voluto descrive Freud in tutte le sue parti, in tutte le sue preoccupazioni, ma Freud si notava già nel riflesso dei suoi pazienti, nelle risposte della figlia e dell’amante al telefono, non aveva bisogno di tutto questo materiale.
Per chiudere questa recensione di Freud’s Bones vi dico che io sono partito pensando di trovarmi davanti un prodotto nella media. E’ un primo lavoro dopotutto e per quanto parta da delle basi molto solide, l’inesperienza potrebbe farsi sentire. Cazzo se mi sbagliavo. Freud’s Bones è un prodotto decisamente buono, che dura il giusto e che ti lascia solo belle sensazioni una volta chiuso. Sì, ok, ma Freud è un depresso cronico, come fa a lasciarti belle sensazioni? Forse perché ho visto in questo esperimento una voglia di uscire da una gabbia troppo stretta. Una gabbia sociale che conosco molto bene e che, anche se con qualche errore, Freud’s Bone riesce a comunicare usando il corpo e le ossa del padre della psicanalisi.
Affrontare quelle paure con lui è stato, in qualche modo, la mia seduta terapeutica.