Smelter è quel classico gioco che si può descrivere citando il genere di appartenenza. Vabbè, in questo caso i generi sono due. Ma più che mischiarsi come avviene in questo pazzo gaming moderno dove tutto deve essere sempre un po’ rpg ,si alternano. Che per un gioco che si chiama il fonditore è una scelta quantomeno bizzarra, ma oh. Smelter in ogni caso è metà platform 2D in pixel art di genere (un po’ incasinato) e metà gestionale in tempo reale (molto all’acqua di rose). Il risultato ti intrattiene, va detto. Però nell’epoca dove abbiamo riscoperto il gioco di genere e siamo andati oltre il concetto di cover di quel gioco per SNES su cui mi masturbavo, rimane nella media.
Prendiamo The Messenger. Che a livello di platforming a Smelter assomiglia anche abbastanza. The Messenger non si inventa davvero un cazzo. È un platform senza manco grosse pretese di raccontarti una storia di un ninja che deve portare ‘sta pergamena in giro per il mondo. Solo che è una roba da 5 ludomanti su 5, 10 stelline o qualunque metrica si utilizzi per indicare i gioconi. Perché? Perché è pixel-perfect, non sgarra di un millimetro ed è pulitissimo sempre e comunque. Perfetti sono i controlli e perfette sono le abilità a disposizione, perché di fatto o meni la gente o gli lanci degli shuriken spirituali addosso, il resto dello skill-tree aumenta solo i danni/il mana/la salute.
The Messenger è lo Stato dell’Arte nel suo genere. Non fa la rivoluzione perché non ne ha bisogno. La rivoluzione è buona solo per gli hipster e per chi vuole andare a prendere la Game Critic nei loro letti. Smelter non ha – e probabilmente per design non può avere – questa pulizia. Le parti platform ruotano attorno a tre rune switchabili che modificano i poteri a disposizione di Eve. Si crea confusione, perché così nei fatti si hanno a dispozione nove skill diverse che tra l’altro possono essere livellate diversamente. Aggiungici delle scelte di design all’insegna del vabbè, tipo che c’è una barra della salute ma cadere sulle classiche spine uccide istantaneamente, e il risultato è qualcosa che una volta avviato suona grezzo.
Sostanzialmente l’hub di Smelter è uno strategico in tempo reale. Non una roba pesa, non è che vi state comprando Age of Empirozzi. È una cosa abbastanza easy dove saltuariamente spawnano nemici e ogni tanto, per accedere alle nuove aree della mappa, c’è un eventino con una battaglia più strutturata. Solo che una volta che sei abbastanza grosso (e succede quasi da subito) diventano quasi formalità. Fasi senza infamia e senza lode che si alternano ai livelli platform che fungono da dungeon. Che ok, l’ho detto, ha dei problemi, ma ha anche delle boss fight ragguardevolmente fiche e una pixel art davvero ben fatta.
Nei vari copy dedicati alla promozione del gioco poi i dev hanno spinto tanto sulle sfide stronze e sui personaggi simpatici. Le sfide sono effettivamente stronze, perché oltre a scegliere arbitrariamente che runa farti usare spingono davvero al limite il gameplay. “Non farti colpire”, “non farti vedere”, “elimina tutti i nemici”. Roba alla Devil May Cry della prima ora, solo che è fondamentale per sbloccare le skill secondarie. I personaggi invece, anche no. Nel senso: ok, simpatici, macchiette, provano a farti fare la ghignata. Ma la roba seria è altra, siamo ampiamente nel già visto e non è certo un tratto caratterizzante della produzione. Non è un dramma, non lo metto nei contro, però insomma.