Apparentemente nessuno. È una roba molto blanda, tipo che uno dei facinorosi di Capitol Hill aveva un tatuaggio di Dishonored e basta, tutto lì. C’è andata di culo che l’America è ancora sotto shock per il tentato attentato alla democrazia in casa loro e sulla cosa non ha tanto battuto. Solo che ad analizzare un po’ più in profondità le cose, ci si accorge che in un modo o nell’altro c’entra sempre la destra. Quantomeno, un certo tipo di destra. Quella che con i videogiochi e con la cultura nerd limona da una vita.
È più o meno quella storia lì. Per qualche motivo i videogiochi sono un vessillo attorno al quale spesso e volentieri si raduna certa gente. Certa gente ai margini della società o che comunque vive la società male. Incel, redpillati, complottisti, nintendari. Succede perché l’industria per anni gli ha fatto un sacco di assist, ha continuato a rappresentare un mondo in cui si identificavano. La damigella in pericolo, la famme fatale procace con le tettone piramidali. L’engine per far ballonzolare i seni in modo realistico di Dead or Alive.
Questa estate abbiamo avuto la prova provata che anche tanti, troppi addetti ai lavori sposavano queste ideologie. Chris Avellone aveva le mani in pasta in un sacco di videogiochi, ma avrebbe voluto metterle anche dentro un sacco di colleghe. Ubisoft ha epurato una buona metà della sua dirigenza. Più recentemente abbiamo visto Greg Ellis, doppiatore di Cullen Rutherford in Dragon Age, impazzire completamente e tirare fuori un video assurdo che parlava contro il femminismo e si chiudeva con un’apologia di Donald Trump.
L’utenza non è stata da meno. Più di qualcuno spesso paragona Gameromancer al circo, senza rendersi conto che è lui a far parte di uno zoo. Microsoft affida la sua comunicazione in Brasile ad una ragazza di 18 anni e la reazione è tale che a Redmond sono costretti a sfancularla. Perché non ci rappresenta, non fa parte di quell’elite di very giocatory. Sembra non c’entrare un cazzo, ma è la stessa retorica che c’è dietro il dibattito esploso questa estate attorno a The Last of Us Parte II. Troppo di sinistra, troppo schierato. Troppo, perché non puoi obbligare i very giocatory a passare dal maschio alpha Joel a vestire i panni di una lesbica che sforbicia e limona pure in mondovisione.
È di nuovo la stessa retorica dietro al Gamergate, ammantato come un movimento per l’etica del giornalismo videoludico – che non è giornalismo, ma ok – e poi in realtà scusa per parlare del complotto della Mafia Gay per infrocire i videogiochi. Quindi ecco, hai da una parte una retorica che non è mai stata epurata dall’industria. Che anzi, capita pure venga sfruttata per promuovere il tuo giochino, se strizza l’occhio ad un certo immaginario. Dall’altra hai QAnon, teoria del complotto secondo cui Donald Trump sta lottando contro un Deep State capitanato da Hilary Clinton, che vuole succhiare il sangue ai bambini per ottenere l’immortalità. Io ero rimasto che era suo marito che veniva succhiato, ma oh.
Dietro l’elezione di Trump ci sono le stesse tattiche utilizzate per fare reclutamento attivo ai tempi del Gamergate. Prendi una categoria, una categoria che è alienata, magari pure snobbata dalla politica. Gli fai capire che stai dalla stessa parte, che non è colpa sua. Che è colpa di quegli altri, che sono i gay a voler minacciare il tuo stile di vita, a toglierti i cari vecchi videogiochi. Molta di questa gente che 8 anni fa s’era schierata contro Zoey Quinn dipingendola come una troia che scambiava pompini per votini, adesso fa propaganda pro-Trump. Qualcuno si è anche candidato con i partiti di estrema destra o di alt-right della sua nazione. Noi siamo più indietro, ma neanche troppo. Perché indovina un po’ chi è che va in televisione a recitare dialoghi de Il Trono di Space?
Stringi stringi, il discorso alla base è questo. Molta politica ha ignorato per una vita un sacco di gente. Certa politica ad una certa se n’è accorta, e ha sfruttato questa falla per diffondere le sue ideologie arrivando anche ad appropriarsi di cultura e simboli della loro cultura. Matrix, metafora transgender, adesso è appannaggio dell’alt-right. QAnon non è altro che la summa di tutti questi fenomeni, per cui sì, i videogiochi ci finiscono in mezzo. Ma la colpa non è del medium, la colpa è nella gente.